"DOVE OSANO LE AQUILE "

(della serie: gli esami non finiscono mai...)

by

Pier Paolo Janni

Parte II

La prima mattina l'appuntamento era alle 06.00 davanti agli hangar, con l'intesa che i primi avrebbero provveduto a mettere in linea l'aliante scuola ed il cavo di traino.

Questo doveva essere ben adugliato per non farlo "incattivire", ovvero non fargli prendere "cocche"!

Dati i miei trascorsi velici questo fu quasi sempre un mio compito.

L'orario veramente non molto appropriato in tempo di vacanze era indispensabile per poter far volare gli allievi in aria calma, prima che il sole del mattino surriscaldasse la crosta terrestre.

La cosa + difficile è infatti la corsa di decollo dietro il traino e successivamente saper star nella sua scia senza intralciare le sue manovre circolari per raggiungere la quota di sgancio.

Quindi se ci fosse vento provocato dal movimento delle masse d'aria calda migranti sarebbe oltremodo più difficile per un principiante tenere in pista questo magnifico, enorme ma snello gabbiano dall'apertura alare di 18 m.(ve ne sono anche di più estesi).

Il mio aliante era un Twin Astir: il primo nome sta indicare che è un bisposto per allievo ed istruttore.

Successivamente, dopo il primo volo da solista, si passa al Mono Astir.

Questi almeno i nomi di quelli in dotazione alla scuola volo a vela dell' aeroclub dell'Aquila, ma il mercato offre una gamma vastissima di modelli e dai costi più svariati, anche per sceicchi. Basti pensare che ho visto un modello tedesco, in quei giorni in cui si tenevano anche delle gare di velocità e distanza, dal costo di + di £ 200 milioni!

Ma torniamo all'addestramento.

Il primo mattiniero che vidi fu il pilota trainatore, che poi seppi essere un asso dell'AM ed istruttore a Galatina, il C.te Clemente Fazzini, al quale mi rivolsi rispettosamente -immaginavo fosse un pilota - con un: "Buongiorno Comandante, come si è soliti procedere?"

"Aiutami a fare il pieno al mio aereo - un Robin 180 - e controlliamo prima "la giornaliera"dei velivoli in linea che dobbiamo usare" fu la risposta.

Infatti il capo motorista avrebbe dovuto prima di noi fare i necessari controlli per decidere quali aeromobili mettere in linea e quali no in base alle ore di volo effettuate, e così fu.

Ammazza - pensai io - sto motorista se arza ancor prima dell'alba, pè potè fa' tutti sti controlli!

Perchè di velivoli ve ne erano molti, fra scuola alianti e motore, privato e commerciale.

Poi arrivò Nicola, un barese, molto simpatico e pratico di aeromodellismo, nonche' gran cultore di materia aeronautica.

Intanto portammo l'aliante (spingendolo a mano) fino alla testata pista in uso (Puf puff, poi sapemmo esserci una jeep atta a trainare a terra, ma era fuori uso, per cui nei giorni a venire non cambiò nulla e ci facemmo un fisico bestiale!)

In breve si formò il gruppo allievi: Nicola, Francesco, Italo, Eligio ed io intorno all'istruttore: Emanuele. Il gruppo lo battezzammo: Paperoga 1°.

Gruppo veramente variegato: Nicola, mio coetaneo, barese e commerciante di legnami.

Francesco, calabrese, studente universitario in economia a Pisa, cultore e maestro di karate. Italo, un fisico romagnolo, cultore di alpinismo.

Eligio, imprenditore vicentino, molto sapiente in alianti e disponibile con tutti noi.

Beh, devo dire che - dopo la Nunziatella - non mi era mai più capitato, neanche in Hdemia, di fare gruppo con tanto spirito di collaborazione e di servizio. Diventammo uno x tutti e tutti x uno.

La mia prima corsa di decollo fu davvero traumatizzante: mi dicevo Come, sai pilotare un aereo e non sai tenè sto coso!?

Nei giorni successivi soprannominai "Il Rodeo" la corsa di decollo e tutta la procedura di traino.

Era prendersi rampognate dall'istruttore e dal pilota che mi stava tirando su, perché lo facevo lavorar troppo imponendogli pericolosi scodinzolii.

Una grossa novità, per me "motorista", era un filetto di lana rossa messo sulla prua dell' aliante, un rudimentale virosbandometro, che invece è davvero essenziale e geniale + sensibile del suddetto strumento.

Per l'aliantista è fondamentale che in ogni manovra di virata la traiettoria del filetto si trovi sempre al centro e sul prolungamento dell'asse lungo del velivolo, cosa che si ottiene correggendo o accompagnando la virata di alettoni con la pedaliera.

Cosa importantissima e vitale perché normalmente l'aliante, una volta in quota, se vuole restarci o guadagnarne di più deve cercare delle termiche ascendenti che lo portino ancora + sù. Per far ciò, una volta individuata la corrente ascensionale bisogna saperle volare intorno nel suo limite periferico. Si descrivono dei circling. E' questo il momento + critico in cui serve l'orientamento del filetto di lana, perché se non si esegue correttamente si cade in vite.

Infatti nel programma addestrattivo è compresa la manovra di caduta in vite (dopo lo stallo provocato ad arte) con conseguente contro manovra per imparare a saperne uscire.

Un'altra differenza dall'aereo è che le distanze si misurano in metri e la velocità in Km/ora, diversamente dal primo, dove si calcolano in miglia e nodi.

Quindi il volo in aliante è già di per sé acrobatico, rispetto al volo motore standard, cioè di scuola. Infatti le acrobazie con gli aerei da aeroclub normali sono vietate e non sono richieste per l'economia dello stesso volo, mentre in aliante costituiscono la norma.

La cabina di un aliante è proprio simile a quella di una F1. Avvolgente, con cinture e bretelle per tenerti ben saldo al sedile.

In circa una settimana -10gg (5-6 ore di addestramento) fummo tutti in grado di spiccare il vola da solista.

E qui viene il bello: è tradizione, infatti, battezzare il "bravo solista"atterrato scaraventandolo nel laghetto dell'aeroporto.

Quando toccò a me, Go tento' di opporsi vivacemente, ma alla fine si dovette accontentare di venirmi a ripescare fra le carpe, i cigni ed altri germani e papere varie...

Dopo il primo solista fu la volta di imparare ad allontanarsi dal cielo campo. Così, con la mappa delle distanze e calcolo efficienza (1 a 60) me ne andai in giro verso il Gran Sasso, cercando quello che in gergo chiamiamo "fornelli" per infilarci in una buona corrente ascensionale per salire salire salire e ancora salire.

Fu così che, dopo il Passo delle Capannelle, dove mi sganciai dal traino e dove si inerpica la strada che porta al lago di Campotosto, mi diressi verso terreni più sassosi dai quali si sprigionavano discrete correnti ascensionali, accompagnato dall'insistente cicaleccio del variometro che indicava salita e quantità di metri in salita nell'unità di tempo.

Beh, ero cosi' emozionato e preso dal far bene le mie manovre che quel fastidioso suono mi divenne simpatico e mi fece compagnia.

In men che non si dica, sorvolando L'Imperatore mi trovai al traverso del Corno Grande, continuando nella mia ascensione.

Fu allora che che i miei occhi percepirono degli oggetti scuri che volavano intorno alla mia stessa altezza.

Attento a non distrarmi troppo in quel volteggio sostenuto, misi a fuoco e mi resi conto con sorpresa che si trattava di due aquile. La sorpresa fu grande davvero perché mi immaginavo solo e lontano da tutto, alle prese con quel massiccio di roccia imponente al mio fianco. Compiaciuto per quella unica e rara visione, tanto da dir loro"scusate il disturbo e grazie per lo spettacolo che mi state offrendo"!

A poco a poco salii più in alto di loro e anche del Corno Grande, per fortuna era davvero una giornata stupenda e nemmeno un velo circondava il Gran Sasso d'Italia ed in lontananza si scorgeva l' azzurro sbiadito dalla foschia dell'Adriatico.

Non avevo la mia quasi inseparabile camera, e neanche la digitale che ho dallo scorso anno per la vs gioia!

Anzi devo dire per gratitudine ed onor del vero che tutte le foto aeree sono state scattate da mia moglie Annalisa, la quale pazientemente seguiva le mie corse di decollo e voli vari dall' aereo trainer.

Un grazie speciale al C.te Fazzini, per la sua perizia, la gentile disponibilità, i sapienti consigli cha ha saputo dispensarmi e per l'amicizia che abbiamo saputo coltivare.

Di lì a pochi minuti, alla radio risuonò la voce dell'istruttore che mi chiedeva dove fossi e quando avrei previsto il rientro.

Capii che era ora di rientrare e lasciare il posto al successivo compagno di "scalata"!

Fu un periodo stupendo ed irripetibile, sia per il gruppo affiatatissimo e riuscitissimo, sia per i luoghi e le esperienze vissute.

Il ns istruttore ha saputo farci davvero bene e poi ci ha confidato che un gruppo efficiente come il ns non lo ha più trovato. Da tre anni ormai ci teniamo tutti in regolare contatto e ci rivediamo: sempre nella palestra dell' Imperatore!

Alla prossima, con

UBDA

PPJ

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